«Nella nostra regione la mafia c’è ma non uccide», a Campagna Letteraria presentato il libro di Giovanni Mancinone “Molise criminale”

L’ispettore Luzzi con l’autore del libro

Appuntamento di grande interesse e partecipazione a Campagna Letteraria: sabato sera è stato presentato “Molise Criminale”, il libro pluri-premiato (primo posto al Premio Piersanti Mattarella, solo per citarne uno) di Giovanni Mancinone.

«Mi mancava la fabbrica – ha detto all’inizio l’autore –  Mi mancavano la fabbrica e la cultura. Un’emozione immensa. Sono stati tanti, tantissimi i momenti di confronto nelle piazze, nei municipi, nelle scuole. Quando sono stato invitato mi è sembrato di toccare il cielo con un dito, anche per tanti ricordi di gioventù legati alla famiglia Ferro».

Affrontati tanti, tantissimi episodi raccontati con penna sapiente e rispettosa da Mancinone, in questo libro che racconta, per la prima volta, episodi di criminalità organizzata, omicidi, armi, traffici illegali, rifiuti interrati, avvenuti in Molise. Questa terra così piccola e bella che è finita tante volte in cronaca nera destando preoccupazione e sconcerto. Nicchie di illegalità, «supportate anche dai comportamenti della classe politica che alimenta il sistema clientelare che porta i cittadini e le imprese a non avere gli stessi diritti. In Molise non si spara – racconta Mancinone – ma esiste un sistema che penalizza le aziende e le famiglie che chiedono diritti e non raccomandazioni».

Gli spunti, tratti dal libro, sono stati tanti: dal caso Loocked degli anni ’70 che coinvolse l’ex ministro molisano Tanassi, all’arrivo di Ciancimino a Rotello, dai rifiuti interrati nel basso Molise fino alla morte del sindaco di San Martino in Pensilis, Troilo. E poi Angelo Izzo, Lea Garofalo, storia, vita vissuta e raccontata da Mancinone nella sua lunga carriera di giornalista. L’ispettore Mario Luzzi, ha raccontato la straordinaria indagine che ha portato i poliziotti dello SCO di Campobasso da lui coordinati sulle tracce di Salvatore Mancuso Gomez. Anche Nicola Germano, che da infermiere curava i detenuti ha rilasciato una toccante testimonianza. Anna Caccavale ha raccontato come si vive per dodici mesi sullo stesso pianerottolo di un collaboratore di giustizia, in un palazzo in pieno centro a Campobasso. Perché in Molise, lo sappiamo, ne arrivano tanti anche sotto falsi nome.

Infine Dino Campolieti, direttore della Cia, ha confermato con la sua testimonianza l’esistenza di attività illegali nella gestione dei lavori dei campi e del pericolo rappresentato dall’acquisizione di terreni da parte di società poco trasparenti quasi sempre pugliesi o campane. «In Molise la mafia c’è ma non uccide» conclude Mancinone. Un’iniezione di fiducia che deve mantenere alta l’attenzione sul territorio cercando di fare cultura che è la premessa della legalità.

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